venerdì 31 maggio 2019

Addio, Game of Thrones: la recensione dell'ottava stagione

Buondì paperotti, spero stiate tutti bene. Oggi bisogna essere forti, perché è giunto il momento di parlare di un commiato da lungo atteso, nonché temuto: quello di Game of Thrones, serie che, a prescindere da qualsiasi giudizio soggettivo, ha ridefinito parametri e standard della televisione del nuovo millennio. Vi invito a non proseguire con la lettura se desiderate evitare gli spoiler!


Vi avevamo lasciati con il nostro commento sulla settima stagione, disponibile a questo link. Avevo profetizzato un finale totalmente diverso da quello che è comparso nei nostri schermi ma, si sa, George R.R. Martin è garanzia di sorprese a non finire, quindi non me la sono presa più di tanto, anzi. È importante ricordare che gli avvenimenti-cardine della serie TV sono quelli imposti dallo scrittore stesso, compresi il risveglio (che non è poi così sorprendente, col senno di poi) della follia di Daenerys e l'elezione di Bran lo Spezzato come regnante di Westeros. In questi giorni, esaminando i commenti dei fan, ho individuato due principali correnti di pensiero: da una parte troviamo coloro che si lamentano di ogni singolo episodio, e dall'altra chi si fa andare bene tutto, perché così hanno deciso gli showrunner e, in misura un po' più limitata, Martin.
Il mio pensiero si colloca esattamente a metà tra le due fazioni, mi spiego meglio: sono fortemente convinta che avrebbero potuto sviluppare meglio alcuni punti, aumentando il numero di episodi sia di questa stagione che della precedente. So bene che non era una cosa fattibile, quindi non resta che "rassegnarsi", le raccolte di firme che chiedono un rifacimento dell'ottava stagione varcano i confini del ridicolo, a mio parere: il cast e tutta la crew vi riderebbero dietro o vi manderebbero a quel paese, giustamente.  Alla fine della fiera, sono persone normali che, oltre a invecchiare come tutti i comuni mortali, hanno delle vite al di fuori del contratto di Game of Thrones. Uno sviluppo "lento", che avrei apprezzato di più, appartiene a una visione che sarebbe (e, speriamo, che sarà) divina, se letta su carta, e gli showrunner non avrebbero potuto realizzare questi sviluppi con conseguenti colpi di scena mozzafiato senza il supporto di un romanzo solido e ben articolato. La colpa ricade quindi sul fatto che gli ultimi due libri non sono stati ancora scritti? Beh, mi sa di sì, ed è un vero peccato. Ma sono ben lontana dall'essere inferocita come tanti sapientoni in giro per il web, per me la serie andava conclusa, altrimenti si sarebbe trascinata all'infinito e avremmo vissuto uno scenario peggiore.

Non posso concludere senza parlare dei personaggi che sono riusciti ad accompagnarci fino all'ottava stagione. Arya che uccide il Re della Notte è una scelta azzeccata, lei è indubbiamente il mio personaggio preferito nella serie TV. L'unica perplessità rimane sul training degli Assassini Senza Volto, a cos'è servito, soltanto a sterminare i Frey?
Forse non sarebbe più stata una grande sorpresa se avesse sfruttato nuovamente questa inusuale tecnica dell'impossessarsi delle sembianze altrui, anche se devo dire che, ad un certo punto, ho creduto davvero che avesse preso il posto di Bran nel Parco degli Dei.
Arya rimane, in ogni caso, l'emblema dell'emancipazione femminile in Game of Thrones, la degna erede spirituale di Lyanna Stark. Il Re della Notte, invece, si è rivelato una delusione totale: è stato smontato in due nanosecondi e ha perso quell'aura di mistero che inizialmente avvolgeva lui e i suoi scagnozzi, gli Estranei.
La storia di Daenerys è più lineare e per certi versi più piacevole rispetto a quella narrata nei libri, nei quali è ancora invischiata nella guerra di Mereen. Sono passati anni dalla lettura dei suoi capitoli POV in "Una danza coi draghi", ma ricordo ancora bene il mio sconforto nell'affrontarne la lettura. Devo dire che gli autori dello show hanno esaltato fin da subito la vena sanguinaria di Dany, soltanto che all'inizio ci pare poco evidente, in quanto si fa conoscere come la salvatrice dei buoni e degli innocenti. Aveva tutte le carte in regola per diventare una sovrana giusta, però ho sempre percepito nella nostra Madre dei Draghi una vena di prepotenza, e l'interpretazione di Emilia Clarke è stata encomiabile.
La contrapposizione con Jon Snow, aka Aegon Targaryen, si fa sentire, e nessuno, penso, ha avuto dubbi su chi fosse il più adatto, nonché il più legittimato, a regnare su Westeros. Come disse Re Jaehaerys, grandezza e follia sono due facce della stessa moneta; ogni volta che nasce un nuovo Targaryen, gli dèi lanciano in aria quella moneta, e il mondo trattiene il fiato aspettando di vedere su che faccia cadrà. Daenerys si è fatalmente abbandonata alla follia, e nonostante non fosse sicuramente il mio personaggio preferito, la sua morte ha suscitato in me una tristezza atroce, per non parlare dello strazio del povero Drogon.
Il Jon della serie è blando, ben lontano dal Jon cartaceo, che sarebbe il mio personaggio preferito. Anche il suo zerbinaggio per amore mi sembra stucchevole, anche qui, per una combinazione di fretta da parte di Benioff & Weiss e di recitazione un po' sottotono rispetto agli alti livelli ai quali siamo stati abituati dagli altri attori.
Jon comunque è stato cresciuto dai lupi, e in particolare seguendo gli insegnamenti di Ned Stark, fautore dell'importanza dell'onore e del dovere sopra ogni cosa, e non dimentichiamo che è stato un Lord Comandante dei Guardiani della Notte. Questi "dettagli" lo hanno spinto a mettere il bene comune al di sopra dell'amore e dell'orgoglio, fatto per il quale non gli è stato dato il giusto credito. C'è da dire però che, grazie a lui, la ruota che la Regina dei Draghi voleva distruggere è stata abbattuta con successo, quindi il finale è in linea con la filosofia di governo di Dany, la quale aveva però peccato di presunzione. L'eroe di Game of Thrones va incontro al suo destino con rassegnazione e mantenendo un basso profilo: l'obiettivo di realizzare un finale "agro-dolce", com'era nelle intenzioni di Martin, è stato raggiunto.

The Lannisters are judging you.

Passiamo alla nobile casata dei Lannister: ho temuto per la sorte di Tyrion ma sono contenta che sia sopravvissuto. In molti, compreso Stephen King, lo volevano seduto sul Trono, ma è nato per essere Primo Cavaliere del Re. Uno dei momenti più "bad-ass" è stato il lancio della spilla sulla scalinata, è stato proprio in quel attimo che abbiamo capito che per Daenerys non c'era più via di scampo. Cersei in questa stagione si approcciava inesorabilmente alla sua fine, i fasti del passato sono ben lontani. La sua morte è quasi dolce, tutti avremmo voluto vendetta per tutte le sue malefatte, ma così è stato molto più realistico. Anche su Jaime non c'è molto da dire, è come un tossicodipendente che dopo un breve periodo di disintossicazione torna di nuovo nel baratro, e muore. Finiamo in bellezza con gli Stark che hanno vinto a man bassa: Bran lo Spezzato, che non è più Bran ma il Corvo con Tre Occhi e sembra nato per regnare, e Sansa. La scelta di Tyrion e degli altri Lord mi ha sicuramente spiazzata ma la trovo molto sensata, alla fine è come se fosse salito al potere qualcuno che con la guerra del Trono non aveva nulla a che fare. Anche Sansa si è conquistata il titolo di Regina (del Nord), e con tutta l'esperienza maturata sia ad Approdo del Re che a Grande Inverno non poteva fare altro.


Chi l'avrebbe mai detto che sarebbero sopravvissuti tutti questi Stark?


E finiamola qui, paperotti, ci incontreremo probabilmente con le recensioni dei prequel di Game of Thrones e, con buone speranze, quelle degli ultimi due libri delle Cronache. Valar morghulis!

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